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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), IV, 8
 
originale
 
8. Commodum cubuerant et ecce quidam longe plures numero iuvenes adveniunt alii, quos incunctanter adaeque latrones arbitrarere. Nam et ipsi praedas aureorum argentariorumque nummorum ac vasculorum vestisque sericae et intextae filis aureis invehebant. Hi simili lavacro refoti inter toros sociorum sese reponunt, tunc sorte ducti ministerium faciunt. Estur ac potatur incondite, pulmentis acervatim, panibus aggeratim, poculis agminatim ingestis. Clamore ludunt, strepitu cantilant, conviciis iocantur, ac iam cetera semiferis Lapithis [tebcinibus] Centaurisque semihominibus similia. Tunc inter eos unus, qui robore ceteros antistabat: "Nos quidem," inquit "qui Milonis Hypatini domum fortiter expugnavimus, praeter tantam fortunae copiam, quam nostra virtute nacti sumus, et incolumi numero castra nostra petivimus et, si quid ad rem facit, octo pedibus auctiores remeavimus. At vos, qui Boeotias urbes adpetistis, ipso duce vestro fortissimo Lamacho deminuti debilem numerum reduxistis, cuius salutem merito sarcinis istis quas advexistis omnibus antetulerim. Sed illum quidem utcumque nimia virtus sua peremit; inter inclitos reges ac duces proeliorum tanti viri memoria celebrabitur. Enim vos bonae frugi latrones inter furta parva atque servilia timidule per balneas et aniles cellulas reptantes scrutariam facitis."
 
traduzione
 
Avevano appena preso posto che altri ne arrivarono, molto pi? numerosi e non mi ci volle gran che a capire che anche questi erano dei briganti e della stessa risma. Anch'essi, infatti, se ne vennero con il loro bottino: monete d'oro e d'argento, vasi preziosi, stoffe di seta e broccati. Anch'essi si ritemprarono con un bagno caldo, poi sedettero a mensa fra i compagni. Alcuni, estratti a sorte, cominciarono a servirli. Mangiarono e bevvero a pi? non posso, divorarono montagne di carne, intere infornate di pane, uno dietro l'altro tracannarono file di bicchieri; fecero un baccano d'inferno, cantarono a squarciagola, si scambiarono lazzi ingiuriosi, sembravano tanti Lapiti e Centauri ubriachi, a met? bestia e a met? uomini. A un tratto, uno di loro, il pi? grosso di tutti, prese la parola: ?Noi abbiamo espugnato Ia casa di Milone di Ipata e, a parte il ricco bottino che abbiam fatto su, grazie al nostro coraggio, siamo ritornati alla base quanti n'eravamo, senza nemmeno un graffio; voi invece che siete andati a scorrazzare per le citt? della Beozia siete tornati in pochini e avete perduto perfino il vostro capo, il fortissimo Lamaco. Per riaverlo qui vivo e vegeto io sarei pronto a dare tutta questa roba che vi siete portata dietro. Comunque egli ? ormai morto, il suo troppo coraggio l'ha perduto, ma la sua memoria sar? celebrata insieme con quella dei re pi? famosi e dei guerrieri pi? valorosi. Quanto a voialtri non siete che dei volgari ladruncoli, buoni solo per furtarelli da servi, per sgraffignare cenci ai bagni pubblici o nelle casupole delle vecchie.? ?Si vede che tu sei l'unico a non sapere che le case dei signori sono le pi? facili da svaligiare? rimbecc? a questo punto uno degli ultimi venuti. ?S?, ? vero, per ch? se anche in quelle grandi case c'? un sacco di servit? che va e che viene, in effetti ciascuno bada pi? a salvare la propria pelle che le ricchezze del padrone. La gente modesta, invece, che non ha tanti servitori, cerca di custodirselo per benino quello che ha, poco o molto che sia, di nasconderselo con la massima cura e non lo molla, a rischio, magari, del proprio sangue.
 

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